| Darkywolf non si lasciò certo intimorire da quella manifestazione spiritica. Infatti. anziché scappare a gambe levate, come avrebbe fatto la maggior parte delle persone con un minimo di buon senso, accolse spavaldamente la sfida che gli era appena stata lanciata. Ma non si sarebbe introdotto in quella vecchia casa polverosa e infestata con le sue attuali sembianze. L’occasione richiedeva una trasformazione, che sarebbe tornata utile sia per reperire utili indizi sulla presenza malefica, tramite il fine olfatto del licantropo, sia per affrontare, una volta scovato, qual malefico spettro.
"E' ora di cominciare, Shinix dopo la mutazione aggrappati alla mia schiena", disse il licantropo al suo fedele fratello a quattro zampe.
Quindi la mutazione ebbe inizio. Il corpo di Darkywolf iniziò a tremare, come se fosse stato sconvolto da una grave crisi epilettica. Gli spasmi erano tali da far tremare ogni fibra muscolare e le grida che ne conseguivano, riempivano l’aria circostante ed erano trasportate dalla fredda brezza sino alle porte del villaggio, dover intanto Galduin era giunto ansante. D’un tratto i tratti del volto trasfigurarono: il muso si allungò, sino a raggiungere la tipica forma canina; contemporaneamente i denti si erano fatti più aguzzi e dei grossi canini ora facevano mostra di sé tra le fauci spalancate. Una fitta peluria ricoprì tutto il corpo, che ora aveva raddoppiato dimensioni e volume, mentre il kimono, squarciato dalla mutazione, era ormai ridotto a leggeri brandelli che giacevano parte a terra, parte lungo il busto. Gli occhi, prima di un verde intenso, erano ora intrisi del rosso vivo del sangue. Un profondo ringhio scaturì dalla bocca, quando la mutazione fu completata. Shinix, costatato che tutto era finito, spiccò un agile balzo, aggrappandosi alla schiena del fratello, il quale, svaniti ormai i fumi della rabbia, lo riconobbe e non si oppose. Quindi, i due si lanciarono all’attacco del nemico, dovunque egli fosse. Ma non accettarono il sinistro invito di penetrare dal portone principale. dopo un agile scatto in avanti, Darkywol puntò direttamente sulla finestra del primo piano, da dove poco prima qualcuno li stava osservando. Un fragore, misto di legno e vetri spezzati, accompagnò il loro ingresso nella stanza ora deserta. L’odore del vecchio e della polvere impegnava l’ambiente. Il pavimento ligneo, ridotto ormai ad un cumulo di assi sconnesse, scricchiolava sotto il peso del licantropo e minacciava, ad ogni istante, si non reggere oltre quella nuova pressione. Darkywolf si guardò intorno, in cerca di indizi, annusando contemporaneamente l’aria stantia. Le pareti, un tempo ricoperte da splendida carta da pareti, ora erano ridotte ad un cumulo di lacerti penzolanti, in alcuni tratti costellati da sinistre macchie rossastre. Alcuni quadri erano ancora appesi e mostravano diverse scene; tra essi, troneggiava uno, chiaramente raffigurante quello che un tempo era stato il signore di quel luogo. Due porte, una a destra e una a sinistra, oltre le quali non era dato sapere, almeno per ora, cosa ci fosse, attirarono l’attenzione si Shinix, mentre Darkywolf, scrollatosi di dosso la polvere e i calcinacci depositatisi sul suo corpo dopo l’irruzione, continuava a fissare i quadri. Tutto attorno era silenzio, eccezion fatta per il sinistro scricchiolio, proveniente dalla porta sulla sinistra, che era socchiusa. La casa sembrava ora del tutto priva di presenze spettrali... ma non era così. Un mormorio, dall’origine sconosciuta, iniziò a pervadere la stanza, misto a qualche debole risata. Ad un esame più attento, si sarebbe potuto capire qual’era la causa di cotanto trambusto, sempre crescente. Le figure raffigurate nei quadri, tutte eccetto una (quella del capitano), avevano preso vita e ora stavano studiando attentamente i nuovi venuti, facendo tra loro commenti di varia natura.
“Toh, abbiamo ospiti”, disse un uomo, vestito da soldato, posto a guardia di un forziere, in una caverna.
“Si, ma ancora per poco”, gli fece eco sghignazzando un nano, apparentemente accasciato accanto al primo, devastato da ferite spaventose. Sollevò il viso vacuo, per meglio osservare i due nuovi venuti.
“Oh no... altre due povere vittime per Karsh!”, sussultò singhiozzando una dama, riccamente abbigliata, seduta su un’altalena in un giardino incantato.
“Suvvia... tra poco sarà tutto finito e faranno parte anche loro della collezione”, sentenziò un vecchio dalla lunga barba, appoggiato al nodoso bastone, in cima ad una collina”.
Le loro esternazioni furono improvvisamente interrotte da un grido agghiacciante, accompagnato dal rumore di lenti passi. Sembrava che qualcuno stesse trascinando qualcosa di pesante, probabilmente metallico. Il rumore che inizialmente sembrava giungere dal pian terreno, si stava facendo ora più vicino, quasi qualcuno stesse percorrendo i marci gradini che portavano al piano dove sostava Darkywolf. D’un tratto i passi cessarono... Non si vedeva nessuno, o forse, chi aveva prodotto tutto quel sinistro rumore, non voleva farsi vedere... non ancora. Alla fine qualcosa si mosse: un grosso tavolino, accostato alla parete accanto alle scale, si levò nell’aria, come se fosse animato di vita propria; fluttuò per qualche istante, poi si scagliò a grande velocità contro il licantropo, quasi volesse colpirlo in pieno. Contemporaneamente la figura malefica si materializzò, ghignando. Voleva forse prendersi gioco del nuovo venuto? Pareva proprio di sì, perché subito dopo attraversò la porta sulla destra e poi riapparve quasi volesse essere seguito...
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