parlato Isys
pensato Isys
parlato spettro
parlato guardie
La camera era immersa nella penombra, opportunamente schermata dalle tende scure. Filtrava solo la debole luce necessaria a distinguere le ombre delle poche suppellettili che la arredavano: una scrivania, completa di sedia, vicino alla quale erano deposti una borsa, un arco con la relativa faretra e un bastone; un trespolo, su cui era appollaiato a testa in giù un grosso pipistrello, con le ali richiuse nella tipica posizione del riposo; infine un letto, su cui qualcuno sembrava dormire profondamente. Il silenzio del riposo ad un tratto fu interrotto da un debole clangore di catene, dapprima lontano, poi sempre più vicino, sino a che la penombra non fu interrotta da una flebile luce bluastra: lo spirito fece così la sua apparizione.
Dark, disturbato dal rumore dei ceppi, che legavano mani e piedi del fantasma, ma soprattutto dalla luce che emanava, aprì le ampie ali e iniziò a volare da un lato all’altro della stanza, lanciando nel contempo il suo caratteristico verso.
Lo spirito non fece né disse nulla, si limitò ad osservare il vampiro, con aria compiaciuta.
Ciò che però gli creava un notevole fastidio era vedere che la persona che ancora era coricata nel suo giaciglio, non mostrasse il minimo interesse per lui. Che avesse un sonno tanto pesante da impedirle di percepire cosa stava accadendo attorno a sé.
Le sue riflessioni furono smentite subito dopo, quando una voce glaciale, proveniente dalle coltri, gli rivolse la parola.
“Spero che, chiunque tu sia, abbia un buon motivo per innervosire Dark in quel modo e per disturbare il mio meritato riposo”. Due occhi rossi, che brillavano come quelli di un gatto, stavano fissando l’ectoplasma, per nulla intimoriti dal suo turpe aspetto: infatti il poveretto, oltre ad essere legato come un salame, era costretto a tenere la propria testa tra le mani, sintomo dell’orribile morte a cui era stato condannato. A guardarlo bene si capiva che in vita non era stato un uomo, ma un demone. Isys non aveva mai visto lo spirito di un bene; in realtà, ora che ci pensava, non aveva mai visto uno spirito di alcun genere.
“Allora”, continuò l’elfa oscura, mettendosi in piedi,
“cos’è, oltre alla testa di hanno mozzato anche la lingua?”. Se avesse posseduto il senso del’umorismo, avrebbe riso della sua stessa battuta; ma non era così; no, non era proprio il suo caso.
“Noto una nota di sarcasmo nella tua voce”, rispose il fantasma, alquanto piccato per la frecciatina rivoltagli.
L’ultima arrivata si stava dimostrando alquanto irrispettosa e questo non gli piaceva. Comunque, era l’unica che al momento si trovasse nella fortezza, perciò poteva affidare solo a lei la missione. Poco prima, infatti, un falco messaggero aveva portato una richiesta di aiuto, proveniente dalle parti di Dol Amroth. Sogghignò, al pensiero che presto la tizia si sarebbe levata dalle scatole per un po’ di tempo. Chissà, magari ci avrebbe rimesso le penne...
“Senti, lenzuolo ambulante, io non ho tempo da perdere, perciò, se sei qui per un buon motivo, parla e poi dileguati”.Nervosetta la tipa.
“Non è mia abitudine aggirarmi tra le stanze di questa fortezza per puro vezzo spiritico, soprattutto se devo avere a che fare con gentaglia come te. Se sono qui è per un motivo importante: sei stata scelta per compiere una missione. Preparati e scendi al piano di sotto. Lì troverai il dispaccio con tutti i dettagli. Ah, quasi dimenticavo! Attenta al tuo bel faccino, non vorrei condividere il mio spazio con un altro irascibile defunto!”. Rise tanto che per poco le mani non fecero cadere la testa, quindi svanì, accompagnato dal consueto rumore metallico.
Con un fischio Isys richiamò Dark, che nel frattempo non aveva smesso un attimo di volare.
“Tranquillo, se n’è andato...”, gli sussurrò all’orecchio. Il vampiro si calmò all’istante, quindi Isys lo fece riaccomodare sul trespolo.
Puoi dire ciò che ti pare, stupido idiota, ma prima di scendere di sotto farò una bella doccia, pensò mentre si liberava dei pochi capì che indossava e si infilava sotto il getto d’acqua bollente.
Dol Amroth non era così vicino ed era il caso di approfittare di una delle poche ma essenziali comodità che la fortezza concedeva ai suoi ospiti.
Una volta ristorata dalla doccia, l’elfa finì di prepararsi e scese al piano di sotto, dove lo spirito l’attendeva.
“È tutto lì”, disse indicando un foglio di carta, posato su un tavolino. Isys lo prese e scorse velocemente le poche righe, vergate di tutta fretta da qualcuno che doveva avere una paura matta, a giudicare dall’irregolarità dei tratti.
“Altro da dire?”, chiese e senza neanche attendere una risposta dal demone fantasma uscì, armata di tutto punto e accompagnata dal suo fedele compagno di viaggio.
“Elfi oscuri... Tsk!”, esclamò lo spettro, infastidito.
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Ormai la fortezza non era che un puntino in lontananza, perciò l’elfa si fermò e, stavolta con calma, rilesse la richiesta d’aiuto.
Interessante... incendi misteriosi, nitriti nell’oscurità e segni di zoccoli sul terreno. La faccenda era stata bollata come un attacco di un piromane a cavallo, ma lei sentiva che sotto sotto c’era qualcosa di più... qualcosa che avrebbe reso quella missione più movimentata. Beh, almeno nono si sarebbe annoiata, o almeno così sperava.
Prese la carta del territorio, che portava sempre con sé, e la studiò con attenzione, per individuare il percorso più veloce e agevole; tuttavia, da un rapido esame capì che a strada non sarebbe stata per niente semplice. Avrebbe dovuto attraversare delle catene montuose e probabilmente guadare dei corsi d’acqua, sempre che non ci fosse un sentiero prefissato con dei ponti. Solo dopo quel lungo viaggio sarebbe giunta nel territorio di Dol Amroth, situato lungo la costa.
Ripiegò con cura la carta e quindi, con le rinnovate energie date dal provvidenziale riposo, si mise in marcia. Data la lunghezza del viaggio era meglio procedere con celerità.
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Il tragitto sino alle prime catene montuose fu abbastanza tranquillo, sia perché era difficile fare incontri nel deserto, sia perché la sabbia sottile e fastidiosa fu ben presto sostituita da un terreno roccioso che, per quanto brullo, offriva maggiori appigli per i piedi e consentiva di risparmiare le energie. Una volta giunta alle falde dei monti che avrebbe dovuto valicare, Isys notò uno stretto sentiero, più che altro una mulattiera, che si inerpicava per il ripido pendio, scomparendo ben presto tra le rocce e il basso strato di nubi, che rendeva la visibilità scarsa. Inoltre, il disco solare infuocato, ormai era diventato poco meno di uno spicchio arancione sopra la linea dell’orizzonte. Presto sarebbe calata la notte e con essa il freddo.
“Mio piccolo amico”, sussurrò l’elfa al vampiro, che sino a quel momento era rimasto appisolato tra i suoi capelli.
Tra le tante particolarità, il grande pipistrello aveva la facoltà di rendersi più leggero, così da non pesare sulla sua padrona, quando stava a contatto con lei. Non appena il chirottero sentì il suono della sua voce si mosse, spalancò le ali membranose e si mise a volteggiare sulla sua testa, attesa degli ordini.
“Ancora una volta ho bisogno del tuo aiuto, caro Dark. Sai cosa fare”, disse, indicando il territorio che si preparava ad esplorare.
Dark squittì e senza attendere oltre si allontanò, pronto a compiere il proprio dovere. Intanto Isys iniziò l’ascesa. L’oscurità era calata d’improvviso, ma le risorse dell’elfa erano molteplici. Non appena fu troppo buio per poter distinguere dove i piedi si posassero, la gemma incastonata in cima al bastone magico iniziò a brillare, di una luce fioca, ma sufficiente ad illuminare il cammino. Ogni tanto Dark tornava da lei e subito dopo si allontanava, segno questo che la strada era libera da trappole o malintenzionati.
Continuò a salire per alcune ore, sino a quando, all’improvviso, raggiunse l’erta.
Credo sia ora di riposarci un po’, pensò, mentre con un fischio appositamente modulato richiamava il pipistrello.
Questo fu da lei in un lampo. Prontamente Isys riempì una ciotola con il prezioso liquido, unica fonte di sostentamento del vampiro; poi prese dalla borsa un tozzo di pane e dell’acqua e mentre Dark beveva avidamente si ristorò.
Rimasero fermi per un’oretta, poi ripresero il cammino. La salita del ripido pendio aveva preso parecchio tampo, tanto che di lì a poco il sole sorse di nuovo, illuminando il panorama circostante, consentendo ad Isys di vedere bene il cammino. Al posto delle cime che aveva immaginato, davanti a sé si stendeva un lungo altipiano. La perfezione della piana non era naturale. Sembrava che una gigantesca falce avesse tagliato tutti i cocuzzoli di quei monti, riducendoli in polvere. Probabilmente in passato il luogo era stato un tetro scenario di battaglia, ma ormai il tempo trascorso era talmente tanto, da rendere impalpabile l’odore della morte e la sensazione di gelo che permane a lungo nei luoghi deputati agli scontri.
Ad Isys, d’altronde, non interessava né chi avesse combattuto lì, né per quale stupido ideale o tornaconto. ‘importante era che il cammino fosse sgombro da inutili ostacoli, che avrebbero potuto rallentarla, perciò di buona lena, riprese il viaggio, in quel monotono paesaggio.
Le perlustrazioni di Dark non erano più necessarie e poi il pipistrello odiava il giorno, perciò si rintanò di nuovo sotto i capelli ramati dell’elfa assopendosi subito dopo.
Il vuoto dell’ambiente circostante era lo stesso che regnava nella mente della donna. Piuttosto che sprecare energie preziose in pensieri inutili, preferiva concentrare la sua acuta vista sull’orizzonte davanti a lei, in cerca di un minimo particolare, che le rivelasse di essere orami a buon punto. Tale segno giunse sul fare della sera, quando un bagliore lontano attirò la sua attenzione. Incerta sul suo significato, Isys continuò ad avanzare, sino a che non giunse alla fine dell’altopiano: davanti a lei si apriva una vallata, che con dolce pendio conduceva sino alla costa. Proprio laggiù, su un promontorio si trovava Dol Amroth.
Il bagliore che aveva visto poc’anzi era il riflesso dei raggi del sole al tramonto sulla superficie lievemente increspata del mare. Una volata di vento gelido portò sino a lei il caratteristico odore di salsedine, misto però ad un acre odore di bruciato. Si guardò intorno: ad un esame più attento notò che una porzione di foresta che lambiva una parte del declivio, era andata letteralmente in fumo, come anche alcuni campi e diverse costruzioni. Ecco quindi aprirsi davanti ai suoi occhi lo scenario descritto nella richiesta d’aiuto. Non poté fare a meno di chiedersi se quegli incendi, di chiara matrice dolosa, avessero causato delle vittime: non perché provasse pietà e sofferenza per loro, ma per la semplice curiosità di vedere come poteva ridursi un corpo, completamente combusto dalla violenza delle fiamme e ridotto ad un rinsecchito pezzo di tessuti incartapecoriti e ossa rinsecchite.
Terminato l’esame preliminare della scena del crimine, l’elfa oscura iniziò la discesa verso la costa. Prima di vedere da vicino i luoghi dei misfatti, sarebbe andata a Dol Amroth, per comunicare ai notabili del luogo che l’aiuto tanto invocato era giunto; si sarebbe poi recata in una locanda, sia per pernottarvi, sia, soprattutto, per raccogliere alcune informazioni: i discorsi della gente del posto avrebbero potuto avere una qualche utilità per lei.
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L’accesso alla città era sorvegliato, come buona norma e regola, da alcune guardie, armate di tutto punto. A giudicare dalle loro espressioni torve, avrebbero gradito maggiormente trascorrere il loro tempo in qualche lupanare a fare bagordi, piuttosto che stare lì al freddo, col rischio di incappare in colui che aveva causato tutti quei danni di recente. Non era notizia certa, ma qualcuno sussurrava insistentemente che ci fosse la mano di qualche spirito malvagio dietro quei fatti e, in quanto gente fortemente superstiziosa, quei poveretti preferivano stare alla larga da ciò che non potevano comprendere.
Mentre confabulavano su chi, cosa e perché stesse facendo questo proprio dalle loro parti, la loro attenzione fu attirata da una sagoma che avanzava nella semioscurità. Sulle prime furono presi da un senso di sconforto, ma poi realizzarono che il maligno attaccava a cavallo, mentre chi si avvicinava, lo stava facendo a piedi. In più si trattava chiaramente di una donna... e che donna: un’elfa!
“Possiamo fare qualcosa per voi?”, chiese premuroso il più alto in grado.
“Si”, rispose Isys con noncuranza.
“Vengo dalla fortezza dell’anello e sono qui per far fronte alla vostra richiesta d’aiuto. Con chi devo conferire per avere istruzioni ed ulteriori informazioni?”.Al sentire le parole fortezza dell’anello le guardie rabbrividirono. Non avevano davanti agli occhi una semplice elfa, ma un’elfa oscura. era chiaro che non avrebbero dovuto farla
irritare o ne sarebbe valso della loro stessa vita.
“Beh? Cos’è... il gatto vi ha morso la lingua per caso?”, chiese Isys, infastidita dal silenzio causato dalle sue parole.
Non aveva tempo da perdere, ma questi idioti evidentemente non l’avevano capito.